#JUSTREAD ✍️ – Recensione di “Il sentiero delle Ossa” di Ettore Mazza 👣 ☠️ 🍖

Immaginate un’epoca di crisi. Un momento di cambiamenti climatici, dell’avvento di nuove tecnologie che danno accesso a ulteriori, e prima impensabili, risorse. In cui gli orizzonti si espandono verso luoghi inesplorati, e l’incontro/scontro tra gruppi umani precedentemente separati dai confini geografici dia il via a un inarrestabile mutamento economico e culturale: sotto le sferzate di un presente impaziente di farsi futuro, le vecchie tradizioni cedono inevitabilmente terreno. Avete pensato all’ennesima distopia futuristica? Oppure, più semplicemente a una storia ambientata ai giorni nostri?

Be’, vi siete sbagliati. Perché Il sentiero delle Ossa, opera prima di Ettore Mazza edita Edizioni BD, percorre all’indietro la linea del tempo, riportandoci fino a un momento storico ancora adesso misterioso ma che a pieno diritto può fregiarsi del titolo di culla della civiltà (così come la conosciamo oggi): il Neolitico, ultimo periodo storico dell’Età della pietra. Per essere precisi, la graphic novel ci riporta ben seimila anni prima della nascita di Cristo.

Il sentiero delle Ossa, in libreria dal 25 settembre, è l’esordio solista di Ettore Mazza, già cofondatore del gruppo di autoproduzione Brace. In copertina, i tre protagonisti: Acca, Gi ed Ebe.

Il mondo è in pieno cambiamento. Se in passato sparse tribù nomadi sopravvivevano di caccia e raccolta, con il loro peregrinare dettato dai ritmi della natura, ora nuclei più numerosi si riuniscono, costruiscono villaggi, tentano di addomesticare l’ambiente circostante secondo nuovi bisogni: e allora le foreste ardono per lasciar spazio a pascoli e coltivazioni.

In questa tavola, i membri della tribù dei cacciatori impegnati a disboscare una foresta col fuoco per lasciar spazio a campi coltivabili.

Come quasi sempre accade, tuttavia, l’evoluzione esige un tributo di sangue, sudore e lacrime: lo sanno bene Acca e Gi, amici fraterni «nati nella stessa luna», e giovani membri di una tribù di cacciatori-raccoglitori da anni assoggettata al volere di invasori venuti da sud l’anno della loro undicesima estate. Se inizialmente la convivenza era stata pacifica, presto i cacciatori avevano dimenticato la vita nella foresta, una divisa tra l’altopiano e la valle scandita dal ritmo delle stagioni, per unirsi ai nuovi venuti; e, inesorabilmente, avevano rinunciato a qualcosa molto prezioso: la libertà.

L’esistenza dei cacciatori è ormai ridotta a una faticosa, umiliante monotonia: disboscare col fuoco, spargere semi, macinare farina, curare il bestiame. L’ordine è imposto con le urla e coi bastoni, e il marchio impresso a fuoco sulle carni di Acca e Gi è il segno tangibile di una schiavitù ineluttabile come il sorgere del sole. Ma non per Acca. Che nonostante le minacce di un padre ormai del tutto rassegnato al proprio destino, improvvisamente lascia cadere gli attrezzi da lavoro e fugge, lasciandosi dietro tutto quanto abbia mai conosciuto – con Gi alle calcagna.

Il momento della fuga: Acca rifiuta un destino di schiavitù e si getta disperato verso l’ignoto seguito dall’amico Gi.

Seguendo un istinto primordiale, che precede di molto la formulazione del concetto di libertà, Acca spezza le catene, gettandosi tra le fauci di una natura indifferente e crudele, ben più che mera scenografia alla narrazione: intere tavole sono dedicate all’elemento naturale, a paesaggi lussureggianti o brulli, fluviali o marini, a cieli immensi e sgombri o coperti di nuvole; i colori sono opachi, le tavole divise tra toni cupi e quelli vagamente acidi. C’è qualcosa di perennemente inquietante anche dietro i panorami più idilliaci e incontaminati. La natura è ieratica, il suo segreto è intangibile; spesso si rivela nemica, oppure inconsapevole salvatrice. Nella sua arroganza, il genere umano ne è dipendente come il figlio dalla madre; ma è una madre algida, illeggibile e dunque imprevedibile.

Quarta protagonista della graphic novel, la natura è una potenza misteriosa, crudelmente indifferente. Acca e i suoi amici se ne troveranno spesso in balia, ma il mondo naturale sarà anche la chiave per raggiungere la libertà.

Uno sfondo perfetto per la “discesa all’inferno” che i due protagonisti si vedranno costretti ad affrontare, sul sentiero che li condurrà verso il loro destino. E saranno indifesi, almeno inizialmente, di fronte ai predatori che si nascondono lungo il cammino. Predatori le cui armi non sono denti aguzzi o artigli affilati, ma brama, cupidigia, fanatismo tutti umani.

La giovane Ebe, destinata anche lei a una fine crudele, si unisce al duo un po’ per caso, un po’ per necessità.

Ben presto, il duo si farà trio, e all’avventura si unirà anche la giovane Ebe, che un po’ per caso, un po’ per necessità, si vedrà costretta a fuggire dal proprio villaggio, e a seguire Acca e Gi verso l’ignoto: nonostante le difficoltà, il ricordo di tempi più dolci che non possono tornare, e il senso di colpa di per quanto si è lasciato alle spalle, «la vipera non può strisciare all’indietro». I ragazzi dovranno venire a patti con la crudele realtà: ci sono cose che non si possono cambiare… e altre che non si possono scegliere. Si può solo andare avanti.

Avanti alla ricerca di un luogo migliore. Anche nel Neolitico di Ettore Mazza esistono luoghi raggiungibili forse solo con l’immaginazione, terre di giganti e di eterna prosperità. Anche prima dell’invenzione della scrittura, esiste la fantasia, e anche allora sono le storie ad alimentare la fiamma della speranza. Se Acca e i suoi compagni iniziano la loro avventura per caso, guidati dall’istinto e dalle circostanze, lentamente il loro vagabondare acquista uno scopo, i cui contorni si fanno sempre più precisi, anche se la mèta resta indefinita.

I ragazzi non sono però in completa balia di loro stessi: a guidarli, un uomo solitario che li indirizzerà sulla retta via verso la libertà e la vita adulta.

Il loro non è un percorso semplice: spesso si ritrovano in balia di forze più grandi di loro. Nonostante questo, o forse proprio per questo, i ragazzi impareranno a combattere, a fare affidamento anche sulle parti più buie di sé stessi per sopravvivere.

Insieme. Il sentiero delle Ossa è anche una storia di amicizia. Se chi viaggia da solo va incontro a un triste destino e il lupo solitario perisce, il branco sopravvive. Non per questo, però, immune da conflitti. Che un legame sia solido non vuol dire che non vi siano litigi, recriminazioni, persino una momentanea mancanza di fiducia, soprattutto in circostanze limite. Ma di cui non si può mettere in dubbio l’autenticità. Un’amicizia fatta di silenzi significativi più che appassionati dialoghi, di sinergia istintuale, dove, nel momento del bisogno, basta un’occhiata per capirsi.

Senza più via di uscita, Acca e Gi si gettano nel fiume dopo essersi abbracciati (forse) per l’ultima volta. Il loro è un legame fraterno che sarà messo a dura prova dalle circostanze.

E del resto, l’intimità dei sentimenti è il fulcro della narrazione. Abbondano i primi piani, e l’espressività dei personaggi si fa mappa della loro interiorità (gli scambi di battute si riducono allo stretto necessario; servono più a mandare avanti la trama che a esternare i tumulti dell’animo di fronte ai quali le parole si rivelano insufficienti). Osservando i loro visi, gli occhi spalancati o ridotti a fessure, i denti digrignati, le pieghe del viso, impariamo a conoscerli, li vediamo mutare e maturare. Soprattutto, viviamo assieme a loro le (poche) gioie e i (tanti) dolori, meglio che se ce ne parlassero loro stessi.

È un mondo crudele. Particolarmente spietato (nel senso letterale di “privo di pietas”), forse perché la cultura è così lontana dalla nostra: è perfettamente legittimo sacrificare bambini al dio-fiume per chiedere «sangue nuovo»; o catturare altri esseri umani per venderli come schiavi nelle miniere di selce. Un cinico direbbe che, al giorno d’oggi, il genere umano non è poi tanto cambiato; ma non si può negare che, messa così a nudo, spogliata della patina di buonismo e politically correct, la brutalità che è parte della nostra specie non sia un pugno dritto nello stomaco. Una cruda onestà che pervade l’intera graphic novel.

Un momento chiave della graphic novel, in cui Acca è in procinto di essere marchiato a fuoco. Non sarà il solo crudele rito a cui il ragazzo finirà per essere sottoposto…

I personaggi, tanto gli eroi quanto gli antagonisti, non si nascondono dietro un alibi. C’è chi deve fare i conti coi propri sensi di colpa, come Acca, o coi propri difetti, come Gi; ma anche quando compiono azioni che giudicheremmo riprovevoli, lo fanno a testa alta, senza giudizi morali propri o altrui. Un scarto con la nostra cultura perfettamente avvertibile, che conferisce a ciò che stiamo leggendo un senso di realtà.

Se non mancano figure venate di cattiveria, uomini e donne agiscono in primis spinti dalla necessità, e anche quelli che di fatto personificano “ostacoli” sul cammino dei protagonisti verso la libertà aprono finestre su realtà aliene e a tratti terrificanti per la loro “disumanità”, e per questo affascinanti.

Il padre di Acca, un uomo ormai piegato al proprio destino nel nome della necessità. Proprio la condizione di schiavitù che Acca rifiuta, scegliendo di cercare la libertà, costi quel che costi.

Non essendo esperta del periodo, non posso dire con certezza quanto il Neolitico di Mazza si avvicini o si allontani dalla verità; posso però anticiparvi che fin dalla prima pagina, colpo di scena dopo colpo di scena, si entra in un mondo, remoto ma familiare, pieno di amarezze ma con attimi di infinito.

– Lucrezia 🐵

Titolo: Il sentiero delle Ossa

Autore: Ettore Mazza

Casa editrice: Edizioni BD

Pagine: 176

Anno (Italia): 2019

ISBN: 9788832757026

Prezzo: 17,00 €

Ebook: //

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